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No-kill e Catch & Release

Il No-kill (o Catch and Release - letteralmente "Prendi e Rilascia") è una filosofia di pesca diffusasi da pochi anni che svincola definitivamente la pesca sportiva dalla sua anziana parente commerciale e "nutrizionale".

Diffusasi recentemente è oggi applicata sempre da un numero crescente di pescasportivi e consiste nel rilasciare il pescato immediatamente dopo la cattura procurandogli meno danni possibile. Al pescatore resta una foto e l'emozione vissuta, al pesce la liberà di tornarsene in acqua. La pratica del "Catch and Release", è particolarmente diffusa nelle tecniche di pesca a mosca, spinning e carp fishing, e adotta una serie di regole precise per recare il minor danno possibile al pesce catturato: utilizzare ami singoli senza ardiglione, bagnare le mani prima di toccare il pesce per liberarlo, maneggiare comunque il pesce il meno possibile (ideale sarebbe liberarlo senza toglierlo dall'acqua e senza toccarlo, facendo leva unicamente sull'esca o sull'amo).

REGOLE PRINCIPALI DEL NO-KILL



1)USARE AMI SINGOLI E SENZA ARDIGLIONE

Gli ami multipli (ancorette) e gli ami con ardiglione provocano al pesce ferite gravi che ne mettono in pericolo la sopravvivenza. Usando ami singoli e privi dell'ardiglione potremo slamare più facimente il pesce e senza provocargli danni. Pur facilitando la slamatura, gli ami privi di ardiglione, sono in grado di provocare danni di una certa entità, specie a carico delle strutture della bocca e della gola del pesce, che, nei casi più gravi, muore a causa dell'impossibilità di alimentarsi o per la gravità delle ferite riportate, soprattutto in conseguenza del combattimento. Anche se il pesce riesce a sopravvivere andrà incontro ad un periodo di stress alimentare che potrebbe pregiudicarne la condizione. Normalmente l'amo senza ardiglione aumenta in modo significativo la percentuale di slamature durante il ricupero del pesce.

2) RECUPERARE E SLAMARE IL PESCE VELOCEMENTE

Il pesce durante il ricupero lotta strenuamente per liberarsi. Questa lotta impari provoca uno stress grave con rilascio di un livello eccessivo di acido lattico. Sintomo di questo stress eccessivo causato da un ricupero lento è la posizione che il pesce assume dopo esser stato rilasciato: sta fermo a lungo e, nei casi più gravi, si abbandona in posizione orizzontale alla corrente. Ugualmente importante è la slamatura veloce favorita dall'assenza dell'ardiglione sull'amo. Il pesce può sopravvivere fuori dell'acqua solo per pochi minuti ed è opportuno ridurre questo tempo a pochi secondi, e comunque dove possibile è consigliato tenere il pesce in acqua.


3) TENERE IL PESCE IN ACQUA

Se nel recupero portiamo il pesce sin sotto riva, specie se sabbiosa o sassosa, ciò potrebbe provocare ferite causate dagli urti o dallo sfregamento su di una superficie ruvida. Rammentiamo che la pelle del pesce è ricoperta da un muco protetivo e che la perdita di questo muco causata dallo strusciamento sul terreno può determinare infezioni da parassiti. Il pesce va quindi rilasciato mentre è ancora in acqua.

4) MANEGGIARE DELICATAMENTE IL PESCE CON LE MANI BAGNATE

È essenziale non toccare il pesce con le mani asciutte: subisce un shock termico dovuto alla differente temperatura del nostro corpo (36°) rispetto a lla sua che è poi quella dell'acqua dove vive. Bagnarsi le mani riduce abbastanza lo shock termico ed evita anche l'asportazione del muco superficiale.

La delicatezza e l'attenzione nel maneggiarlo è altrettanto importante: non mettetegli le dita nelle branchie e non stringetelo. Il guadino, ma solo se ha una rete senza nodi, può essere d'aiuto purché si stia attenti a non far impigliare le maglie della rete sulle branchie.

5) LA SLAMATURA

Oltre a farlo delicatamente e velocemente mantenendo il pesce in acqua, è opportuno utilizzare delle pinze (ottime le pinze emostatiche che si acquistano con pochi euro).

Il pesce allamato profondamente (allamato cioè non sulla bocca ma nell'esefago) non deve essere slamato. In questo caso la slamatura provoca ferite assai gravi in parti vitali: è meglio tagliare il finale. A questo punto il pesce sarà nuovamente libero, potrebbe riuscire ad espellere l'amo attraverso l'ano (facilitato dall'assenza degli ardiglioni) anche se sarà assai più probabile che i danni riportati durante il combattimento all'apparato digerente lo portino rapidamente alla morte.






6) LA RIANIMAZIONE

Se il pesce è esausto non va lasciato andare immediatamente: occorre mantenerlo in acqua tenendolo con le mani e contro corrente.

Muovendolo un po' in avanti ed indietro faremo entrare l'acqua e quindi l'ossigeno nelle sue branchie e lo rilasceremo solo quando inzierà a muoversi da solo cercando di liberarsi. Consigliamo un recupero veloce della preda per non stancarla troppo. Questa filosofia sembra piacere anche ad alcune associazioni ambientaliste che, come ad esempio nel caso del fiume Nera, appoggiano o addirittura si fanno carico dell'istituzione di tratti di fiumi o torrenti riservati al No-kill, per pescare nei quali è spesso necessario pagare una quota (a volte anche rilevante) per ottenere un permesso oltre l'ordinaria licenza di pesca.

Alcuni ritengono che se la pesca è considerata uno sport, il No-kill ne rappresenti la filosofia più autentica.

Altre associazioni ambientaliste decisamente più oscurantiste, considerano il "No-kill" come una pratica inutile e sadica che, anche se quasi mai porta alla morte immediata dell'animale, gli infligge comunque delle inutili sofferenze solo per appagare il protagonismo del pescatore. Secondo questa corrente di pensiero la pesca (a prescindere da come venga praticata) non è uno sport ma solo un'uccisione più o meno giustificata di pesci, il "No-Kill" sarebbe invece una tortura poco accettabile sotto tutti gli aspetti.





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